UN CONTROLLO VIGILE PER LO SVILUPPO DI UNA SOCIETÀ

DELLA COMUNICAZIONE SENZA CONFINI

di Corrado Calabrò1


La convergenza delle tecnologie di comunicazione.


Nel mondo della comunicazione, è in atto oramai da oltre un decennio un processo di cosiddetta “convergenza tecnologica” fra telecomunicazioni, informatica, radiotelevisione ed editoria – settori “convergenti” sui quali si concentra l’azione dell’Autorità che ho il compito di presiedere – il quale consente alle diverse piattaforme trasmissive di gestire, attraverso la tecnica digitale, un insieme sempre crescente di servizi e contenuti, con relativa unificazione del funzionamento e della fruibilità di apparecchi di largo consumo tradizionalmente non compatibili.

La convergenza sta cambiando gli scenari: attraverso lo schermo del computer è possibile fruire tanto delle comunicazioni personali, quanto di informazioni, dati, programmi televisivi. Gli utenti tendono a non essere più destinatari passivi bensì soggetti interattivi, persino creatori essi stessi di contenuti; si potrà sempre più scegliere ciò che si desidera vedere grazie alle nuove tecnologie ed ai terminali multifunzionali, fruibili spesso con spesa modesta.

L’avvento della tecnica digitale consente di trasformare immagini in movimento, testi o suoni in flussi di dati ricevibili immediatamente dai diversi mezzi di comunicazione presenti sul mercato; ciò, in modo sostanzialmente indipendente dalla tecnologia mediante la quale essi sono realizzati (con il solo limite della capacità dei singoli mezzi trasmissivi).

La crescente interazione ed individualizzazione della fruizione dei servizi di telecomunicazione e radiotelevisivi rende sempre meno opportuno parlare separatamente dei due settori. Ormai si parla piuttosto di servizi e contenuti e di piattaforme che li rendono disponibili agli utenti.

Le caratteristiche essenziali delle nuove piattaforme comunicative risultano una sempre maggiore interoperabilità fra i mezzi di comunicazione ed una correlata sempre maggiore interattività fra l’utente e lo strumento che di volta in volta funge da veicolo trasmissivo.

Siamo di fronte, in sostanza, alla ennesima rivoluzione, oltre che tecnologica, culturale: in Italia, in particolare, l’avvento della televisione digitale con le conseguenti moltiplicazione dei canali e specializzazione dei generi, che consentono un controllo sempre maggiore da parte del telespettatore, nonché la sempre maggiore diffusione della rete Internet con le nuove applicazioni e modalità trasmissive di dati e idee che ne derivano, promettono di rivoluzionare ancora una volta la comunicazione e l’informazione, e ciò proprio mentre la nostra “vecchia” Tv ha appena festeggiato i suoi cinquant’anni di attività.

La rete Internet, oramai, offre servizi sinora riservati alle telecomunicazioni, alla televisione, alla radio ed all’editoria, mentre questi media sviluppano nuove potenzialità, rendendo disponibili servizi e contenuti con modalità innovative, offrendo un numero impensato di nuovi strumenti di comunicazione, di programmi televisivi o radiofonici, di fonti d’informazione.

Si assiste, di conseguenza, altresì ad una “convergenza economica”, ovvero all’ampliamento del proprio perimetro di operatività da parte delle imprese dell’industria della comunicazione oltre i confini dello specifico settore d’appartenenza.

L’evoluzione tecnologica rende possibile ai soggetti presenti sul mercato lo svolgimento di più funzioni in contemporanea e l’operatività su più mercati, in vista della soddisfazione di bisogni diversi dell'utente. Un esempio – particolarmente attuale – di tale evoluzione è quello della sempre maggiore diffusione delle cosiddette media companies, ovvero società le quali essenzialmente adottano un modello di business basato sulla distribuzione di servizi e contenuti tramite più piattaforme trasmissive.

Il fenomeno della convergenza, dunque, sta aprendo nuovi orizzonti, che costituiscono le premesse per un maggiore pluralismo e per l’apertura del mercato a nuovi soggetti.

Ciò senza nasconderci che la svolta digitale sta eliminando, sì, alcune barriere del passato, specialmente di ordine tecnologico, ma ne sta d’altro canto facendo emergere di nuove (anzi, di antiche), specialmente di tipo economico e giuridico. Emerge innanzitutto, nel nuovo contesto, il problema di garantire l’accesso alle reti. Permane, inoltre, la necessità di una programmazione che deve al contempo essere di qualità ed attirare il pubblico.

La convergenza potrà contribuire allo sviluppo di piattaforme distributive e di operatori che mettano a disposizione degli utenti un sempre più ampio novero di servizi e contenuti; ciò d’altronde potrebbe condurre tali players a rafforzare la propria posizione di mercato, con il rischio, ove non sia esercitata una vigilanza adeguata sugli sviluppi del mercato, di minacce per la libertà di concorrenza e quindi, in ultima analisi, per il benessere dei consumatori.

Alla convergenza tecnologica ed economica, pertanto, deve affiancarsi la “convergenza regolamentare”, attraverso un approccio improntato, da un lato, alla neutralità rispetto alle diverse tecnologie esistenti, dall’altro, allo sviluppo di un assetto di mercato concorrenziale, nell’ottica di garantire il benessere dei consumatori/utenti finali.

Il processo di liberalizzazione e di apertura del mercato delle telecomunicazioni ha prodotto negli ultimi anni imponenti benefici “a cascata” per tutti gli interessati, in controtendenza rispetto ai dati economici generali: per i consumatori, che hanno goduto via via di prezzi più ridotti e servizi migliori, ma altresì al contempo per le imprese, che ne hanno ricavato nuove cospicue fonti di attività.

Oggi, si assiste ad una contaminazione fra sistemi giuridici diversi: la disciplina delle telecomunicazioni è imperniata sulla concorrenza, ispirandosi alla logica delle direttive comunitarie. La disciplina della radiotelevisione è incentrata sul pluralismo e sui contenuti, ispirandosi ad una logica di servizio d’interesse generale, a cui devono rispondere anche le emittenti private.

La convergenza tende a dare luogo, mediante l’interconnessione fra questi due comparti, alla nascita di una “disciplina della comunicazione convergente”, che riprende in parte i principi di libero mercato e concorrenza alla base della normativa sulle telecomunicazioni, ed in parte le norme a tutela del pluralismo dei contenuti proprie del settore radiotelevisivo.

Dal canto loro, le Autorità pubbliche alle quali è demandata la responsabilità di vigilare affinché il processo di convergenza assicuri mercati concorrenziali e benefici ai consumatori, devono operare affinché il risultato finale prodotto del processo medesimo consista in una efficace competizione fra piattaforme trasmissive diverse, in un contesto regolamentare che sia tecnologicamente neutrale, con regole di accesso al mercato il più omogenee possibile.

E’ questo, del resto, l’approccio adottato a livello comunitario, in materia di comunicazioni elettroniche, con il cosiddetto “pacchetto” delle direttive emanate nel 2002, le quali hanno sostituito le direttive di armonizzazione adottate a partire dai primi anni novanta delineando un nuovo quadro di regole uniformi per i diversi Stati membri, che prevede l’assoggettamento ad una medesima disciplina di tutte le reti ed i servizi di comunicazione.

La “technological neutrality”, ovvero la libertà di poter utilizzare qualsiasi tecnologia o standard sulla base di condizioni comuni, e la “service neutrality”, ossia la libertà degli operatori di fornire qualsiasi tipologia di servizio di comunicazione elettronica, risultano altresì al centro della proposta di revisione presentata nel giugno scorso dalla Commissione europea per l'aggiornamento del suddetto framework normativo comunitario per le comunicazioni elettroniche (c.d. “Review 2006”).

L’adozione delle direttive comunitarie del 2002 ha dato luogo, nel nostro Paese, alla emanazione del Codice delle comunicazioni elettroniche, nonché, per quanto riguarda il settore della radiotelevisione – ritenuto “speciale” per le sue peculiari caratteristiche di incidenza sul pluralismo dell’informazione e sull’opinione pubblica – dopo un travagliato iter, della legge “Gasparri” e da ultimo del Testo Unico della radiotelevisione.

Sulla base di questo quadro normativo, l’AGCom sta portando a termine il processo di definizione in concreto dei mercati indicati dalla Commissione in corrispondenza alla situazione del nostro Paese, con il relativo accertamento delle condizioni di concorrenza sui mercati stessi (in collaborazione con l’Autorità Antitrust), nonché la eventuale imposizione – ove necessario – dei rimedi regolamentari opportuni.



Un’etica dei media per una società della comunicazione.


Nel mondo contemporaneo, i mezzi di comunicazione di massa hanno assunto un’importanza tale che non risulta possibile sottrarsi ad una riflessione sui complessi effetti sociali e culturali provocati dai contenuti e servizi fruibili tramite i media.

In un mondo globale che ha adottato una moderna “sospensione del giudizio” la trasmissione dei significati può illudere il ricevente sulla neutralità dell’emittente, ma la situazione è ben più complessa.

La manipolazione, con la conseguente strumentalizzazione e distorsione dell’informazione, già evidenziata da Parmenide e poi da Hegel, era stato un tema “caldo” ampiamente dibattuto dai liberi pensatori sin dagli inizi del novecento, per poi trovare un’esplicita realizzazione dei loro timori nel periodo a cavallo del secondo conflitto mondiale (si pensi ai comunicati via radio, che sfruttavano una sapiente modulazione della voce e un’attenta scelta dei vocaboli per conferire alle parole una espressività tale orientare l’opinione pubblica).

Spesso vi è l’illusione che la realtà, l’evento, ciò che i mezzi vogliono raccontarci sia tutto ciò che noi possiamo vedere; ma la scelta delle inquadrature o i commenti o i links nei computer vengono suggeriti da un “regista”, e sono l’abilità o le istruzioni date al cameraman che caratterizzano il servizio.

La difficoltà, ma anche la vera sfida dell’uomo postmoderno, risiede non solo nel giudicare il contesto comunicativo, bensì nell’intuirne i retroscena da quelle piccole tracce che qualunque messaggio lascia filtrare, per poi prendere in futuro delle decisioni libere.

La comunicazione persuasiva, utilizzando mezzi di comunicazione di massa, non solo propone un modello comportamentale alcune volte potenzialmente dannoso per targets di consumo specifici, ma rischia di garantirne la legittimità. Si pensi ad esempi come il fumo, gli alcolici o la velocità dei mezzi di trasporto individuali.

Da tutto ciò emerge il problema dell'etica. La comunicazione può essere innocente, innocua, veritiera, istruttiva, ma anche insidiosa, dannosa, ingannevole, diseducativa.

I recenti fatti di cronaca hanno portato in primo piano i problemi di etica e di rispetto delle regole del gioco, sia nei rapporti diretti fra pubblico e privato, fra politica e imprese, sia riguardo alle comunicazioni su cui si basano tali rapporti. Nel dibattito in corso, emergono alcune linee essenziali: fra esse, la trasparenza richiede di rendere noti il più possibile i committenti, le fonti, le finalità della comunicazione, nel rispetto d’altronde del diritto alla privacy degli individui.

Nel nuovo scenario tecnologico, con le opportunità di personalizzazione delle informazioni che ne derivano, l'attenzione al destinatario impone al comunicatore di calibrare ogni volta il mezzo scelto, il messaggio ed il linguaggio in funzione del pubblico a cui si rivolge.

L'etica nella comunicazione, d’altronde, non è soltanto un valore morale, a volte in contrasto con il tornaconto materiale: è una caratteristica professionale e tecnica del nuovo modo di fare comunicazione. I tempi dell'immagine, dello spettacolo fine a se stesso paiono ormai finiti. Oggi risultano centrali concetti quali identità, trasparenza e chiarezza, perché il pubblico è diventato esigente e sospettoso, e non è più disposto a lasciarsi incantare da suoni, luci ed effetti speciali. Una comunicazione improntata sul rispetto di valori etici risulta quindi anche tecnicamente più efficace, perché più credibile e meno suscettibile di smentite.

Il controllo etico e deontologico nel campo della comunicazione, peraltro, è reso più difficile dal fatto che le professioni del comunicare sono piuttosto nuove ed in notevole espansione (oltre che sempre più connotate da caratteri transfrontalieri, che rendono difficile l’identificazione dei responsabili). Da più di vent'anni, però, le associazioni di categoria tentano di delineare profili e qualifiche professionali, dandosi delle regole ed esprimendo organismi di autodisciplina.

I mutamenti incessanti che si verificano oggi nelle tecniche e nelle modalità di comunicazione presuppongono, oltre alla rivoluzione tecnologica, la rivisitazione degli strumenti attraverso i quali l'umanità apprende il mondo che la circonda e ne esprime la percezione.

La disponibilità costante di informazioni, idee ed immagini, così come la loro rapida trasmissione senza frontiere geografiche hanno delle conseguenze, al contempo positive e negative, sullo sviluppo psicologico, morale e sociale delle persone, sulla struttura e sul funzionamento delle società, sugli scambi interculturali, sulla percezione e la diffusione delle opinioni e dei valori.

Per quanto concerne il processo di comunicazione e le questioni strutturali e contenutistiche da esso proposte, il principio etico fondamentale appare quello secondo cui la persona umana rappresenta allo stesso tempo il destinatario e la misura dell'uso dei mezzi di comunicazione sociale, che dovrebbe essere finalizzata al suo sviluppo integrale.

E’ per questo che già nella presentazione della prima Relazione annuale del nuovo Consiglio dell’AGCom, due anni fa, ho voluto porre l’accento sulla centralità della persona nel sistema delle comunicazioni.

La legislazione vigente affida all’Autorità il compito di assicurare il rispetto dei diritti fondamentali della persona nel settore delle comunicazioni, specie radiotelevisive.

L’azione dell’AGCom è strumentale per l’esplicazione di diritti fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione, quali la libera comunicazione e manifestazione del pensiero con ogni mezzo di diffusione (artt. 15, 21), l’uguaglianza di opportunità per tutti i cittadini (art. 3), la protezione dei minori (art. 31), l’iniziativa economica privata (art. 41), la libertà di voto (art. 48).

In particolare, fra i compiti di garanzia più delicati affidati all’Autorità vi sono quelli della tutela dei minori e delle minoranze, dei consumatori e del corretto svolgimento della vita politica ed istituzionale tramite l’applicazione della normativa sulla par condicio e sul conflitto d’interessi (ove questo riguardi l’ipotesi del sostegno privilegiato fornito al titolare di cariche di governo da parte di un’impresa del settore a lui riconducibile).

Nell’espletamento di queste funzioni, il nostro punto di riferimento è stata – e continuerà ad essere – appunto la persona, nei suoi differenti stadi di sviluppo e condizioni socio-economiche.



Lo sviluppo del mercato delle telecomunicazioni ed il cosiddetto “digital divide”.


Il processo di liberalizzazione governato dall’Autorità attraverso l’adozione di un modello di regolamentazione pro-competitiva ha già portato degli straordinari benefici ai consumatori, alle imprese e all’intera collettività.

Nel periodo dal 1998 al 2005, ossia dalla liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni ad oggi, i prezzi dei servizi di telecomunicazioni sono scesi del 18% a fronte di un aumento dell’inflazione di oltre il 20%. Solo nel 2006, i prezzi dei servizi di telefonia sono scesi dell’1,2%, mentre l’indice dei prezzi al consumo è aumentato del 2,1%. Nei primi due mesi del 2007 i prezzi dei servizi telefonici sono diminuiti dello 0,6%.

La diffusione della concorrenza ha pertanto fornito, e continua a fornire, un contributo rilevante al contenimento dell’inflazione ed alla crescita del Paese.

Alcuni mercati, quali ad esempio quelli dei tradizionali servizi di telefonia fissa e mobile, appaiono aver raggiunto un livello vicino alla saturazione; altri non sembrano ancora in grado di prendere il testimone della crescita. Esistono poi problemi finanziari connessi alle valutazioni elevate raggiunte dalle imprese di settore nonché dai singoli assets (si pensi al prezzo pagato per le licenze UMTS) nella fase dell’espansione della new economy, valutazioni poi ridimensionate con l’implosione della bolla speculativa.

Ciò determina una revisione verso il basso delle aspettative, nonché un proporzionato appesantimento del carico debitorio degli operatori, fattori che rischiano di produrre effetti depressivi sugli investimenti, specie quelli in nuove infrastrutture di accesso a banda larga, così necessari in questa fase.

Il mutamento degli scenari di mercato richiede una correzione delle strategie degli operatori verso modelli di business che si basino sull’integrazione dei servizi tradizionali con quelli innovativi a più elevato valore aggiunto e con maggiori prospettive di crescita.

La tendenza è certamente positiva, e questi nuovi servizi dimostrano la dinamicità del mercato ed il progressivo affermarsi di una vera concorrenza inter-piattaforma che, certamente, porterà benefici ai consumatori finali in termini di servizi innovativi e tariffe ridotte.

Peraltro la convergenza presuppone lo sviluppo di nuove infrastrutture a banda larga, le cosiddette reti di nuova generazione, indispensabili per la fornitura di servizi integrati che includano fonia fissa e mobile, accesso ad Internet e contenuti audiovisivi. Sono necessari, quindi, investimenti per l’adeguamento delle attuali infrastrutture, nella posa e nella messa in opera di nuove reti in fibra ottica, nonché nello sviluppo di reti wireless in tecnologia Wi-Fi e Wi-Max, investimenti che implicano esborsi economici notevoli.

E’ proprio in un momento di transizione simile che un regolatore deve vigilare con attenzione, tenendo ben dritta la barra del timone. La legge istitutiva, con un approccio lungimirante, ha configurato l’AGCom sin dal suo nascere come una Istituzione “convergente”, che abbraccia la regolazione dei settori ai quali ho fatto cenno.

D’altronde, vi sono misure tecniche che sono di pertinenza dell’Autorità; strategie aziendali che spettano alle imprese, nel rispetto del principio di libertà dell’iniziativa economica privata; temi di politica industriale che vanno affrontati in sede parlamentare.

Sino ad oggi, l’Autorità è intervenuta sui mercati all’ingrosso con misure asimmetriche, volte a consentire agli operatori alternativi di competere con l’operatore dominante, controbilanciandone la notevole forza di mercato.

Il problema delle nuove reti è quello di definire regole per lo sviluppo futuro delle infrastrutture. Le architetture devono essere aperte, soprattutto per quanto riguarda il segmento dell’accesso, e devono garantire l’effettiva parità di trattamento a tutti i soggetti presenti sul mercato.

Questa intuizione è alla base della Communication Review dell’OFCom, il regolatore britannico, che ha portato ad una effettiva separazione funzionale della rete di accesso dell’operatore incumbent, British Telecom, in una divisione separata denominata OpenReach, caratterizzata da una gestione indipendente nella determinazione sia del board di controllo che degli strumenti di incentivazione del management.

A questo riguardo la legge “Bersani” dell’agosto scorso, prevedendo la sanzionabilità dell’inottemperanza agli impegni assunti dinanzi all’Autorità, ha accresciuto l’ambito di applicazione e l’incisività dei nostri poteri.

Abbiamo quindi iniziato immediatamente a lavorare nella direzione di un’effettiva separazione funzionale delle attività-chiave della rete fissa per garantire parità di trattamento nel contesto delle reti di nuova generazione. Sarà un percorso lungo e complesso, che dovrebbe durare almeno 12 mesi, ma faremo di tutto per abbreviare i tempi.

Capisaldi della separazione sono l’equality of access – ossia l’eguaglianza di tutti gli operatori, compresa la divisione commerciale di Telecom Italia, nell’accesso alla rete locale dell’incumbent – e quindi la replicabilità dei servizi, nonché l’incentivazione agli investimenti per il miglioramento delle infrastrutture trasmissive.

In linea generale, d’altronde, nel nostro Paese la diffusione dei servizi a banda larga incontra delle limitazioni dovute, da un lato, al ridotto livello di diffusione degli strumenti informatici nella popolazione italiana, dall’altro, a problemi infrastrutturali che riducono significativamente l’ambito effettivo e potenziale di diffusione del servizio: siamo in una situazione di ritardo strutturale a cui il Paese deve assolutamente trovare un’adeguata risposta, facendo un ulteriore sforzo per raggiungere gli altri Stati più evoluti.

La banda larga del resto, oltre a mutare il paradigma produttivo, ha riflessi anche sullo sviluppo del sistema scolastico, dei rapporti fra lo Stato fornitore di servizi ed il cittadino, del “dialogo” tra fornitori e produttori nella gestione commerciale della clientela. La modesta crescita economica del nostro Paese rende ancor più necessaria e urgente la modernizzazione delle infrastrutture di comunicazione tramite la diffusione della rete broadband.

La regolamentazione, pertanto, non può che essere orientata in tal senso. L’Autorità farà tutto il necessario per consegnare al Paese soluzioni regolamentari all’avanguardia. Tuttavia, in questo campo la regolamentazione non è sufficiente. I problemi strutturali non

si risolvono nemmeno con la separazione societaria o funzionale della rete dell’operatore incumbent. L’Italia non può dipendere da una sola infrastruttura di comunicazione.

Il nostro Paese ha perso l’opportunità della cablatura del territorio per non aver compreso che, come nelle grandi infrastrutture di trasporto, nelle telecomunicazioni occorrono una visione di lungo periodo ed opportune politiche pubbliche di sostegno. La dipendenza dal doppino in rame rende il sistema nazionale debole, dati i notevoli problemi di saturazione ai quali è soggetto con la diffusione dei servizi convergenti.

L’opportunità è ora rappresentata dalle nuove tecnologie a banda larga diffuse su fibra ottica e su reti wireless (il Wi-Max in particolare). Lo sviluppo di queste nuove infrastrutture potrebbe soddisfare, da un lato, la necessità di alleggerire l’occupazione della rete in rame, dall’altro l’esigenza d’introdurre una pressione concorrenziale anche nelle reti per la fornitura di servizi di accesso broadband.

Potrebbe ridursi, in particolare, il cosiddetto “digital divide, una forma di discriminazione che divide la popolazione, fra le nazioni ed al loro interno, sulla base della possibilità o dell'impossibilità di accesso alle nuove tecnologie di comunicazione.

In particolare, il concetto evidenzia l’esistenza di aree del Paese in cui i collegamenti a banda larga possono essere realizzati soltanto attraverso costosi collegamenti dedicati o soluzioni satellitari. In sostanza, allo stato attuale esiste una rilevante parte della popolazione italiana che rischia di restare tagliata fuori dagli sviluppi innovativi connessi alla banda larga.

A livello nazionale, stimiamo che oltre il 10% della popolazione italiana risiede tuttora in zone di digital divide, presente ampiamente anche nel nord del Paese e persino nelle aree metropolitane.

A questa difficoltà, dovrebbe in parte sopperire la realizzazione di reti di accesso ai servizi a banda larga in tecnologia wireless (le “Broadband Wireless Access”), ed in particolare il cosiddetto Wi-Max, tecnologia per la quale l’Autorità si appresta a dettare le regole per l’assegnazione delle frequenze, dopo che finalmente il Ministero della difesa ne ha messe a disposizione un certo numero.



L’obiettivo fondamentale della tutela dei consumatori.


Dal momento della istituzione dell’AGCom (1998) ad oggi, come ho accennato, il libero dispiegarsi delle forze di mercato e l’attività di regolamentazione dell’Autorità hanno prodotto notevoli benefici.

In sostanza, la liberalizzazione regolamentata del settore ha determinato un punto di svolta nella dinamica dei prezzi delle telecomunicazioni, con una significativa accentuazione della discesa delle tariffe.

In merito al complesso dei rapporti che si sviluppano nel settore, l’Autorità ha poteri di intervento su due diversi versanti: il sistema dei rapporti fra gli operatori e quello fra gli operatori e gli utenti.

Mentre il rapporto tra gli operatori si sostanzia in un confronto essenzialmente fra pari – che circoscrive alla regolazione asimmetrica gli squilibri di forza in campo tra operatori con notevole forza di mercato e gli altri – il rapporto fra gestori ed utenti si presenta sempre oggettivamente squilibrato in favore dei primi: la forza economica, la detenzione delle informazioni e la capacità di sostenere il contenzioso sono decisamente a favore degli operatori.

La tutela degli utenti è quindi ispirata, prima ancora che da un principio giuridico, da principi di etica e di civiltà democratica: l’azione regolamentare è diretta a permettere agli utenti di poter fare effettivamente valere le proprie ragioni anche in una situazione di forte squilibrio delle forze in gioco.

La qualità dei servizi offerti, la trasparenza e l’accessibilità delle informazioni, la correttezza delle proposte commerciali, dovrebbero essere in primis perseguite dagli operatori nel loro stesso interesse; l’etica dovrebbe essere un principio ispiratore già dell’attività delle imprese nei confronti dei propri clienti.

Comportamenti generalizzati che creano diffidenza dei consumatori comportano del resto, secondo la teoria economica, esternalità negative che fanno aumentare i costi complessivi delle transazioni commerciali e deprimono la domanda di nuovi servizi.

Purtroppo in Italia, come in altri Paesi, si rivela difficile da sradicare nel malcostume di certe pratiche commerciali sleali un modello di concorrenza che a volte non rifugge da colpi bassi, da artifizi atti a carpire la buona fede dei consumatori, da clausole vessatorie e dall’attivazione e fatturazione di servizi non richiesti. Pratiche commerciali che forse nel breve termine possono produrre qualche effimero beneficio economico, ma che nel lungo termine sono destinate a punire inesorabilmente sul piano dei risultati coloro che le perseguono.

Il merito di aver denunciato pubblicamente questo malcostume deve essere riconosciuto alle associazioni dei consumatori.

Un primo piano di interventi dell’Autorità è, pertanto, quello della sensibilizzazione e responsabilizzazione delle imprese, promuovendo l’adozione di codici di autodisciplina e protocolli con le associazioni dei consumatori. Le attività di analisi del settore da parte delle associazioni di categoria sono strumenti utili che l’Autorità incoraggia e favorisce con un’opera costante di moral suasion. Ciò non è sufficiente, comunque.

L’Autorità svolge, quindi, un’azione continua essenzialmente su tre piani: a) il piano regolamentare, dettando una disciplina puntuale delle forme di interazione fra utenti e gestori; b) il piano della vigilanza e della repressione degli abusi e delle violazioni commessi a danno degli utenti; c) il piano della composizione delle controversie fra gestori ed utenti in forma semplificata e accessibile a questi ultimi, fornendo risposte il più possibile immediate e dirette ai casi concreti.

Un mercato liberalizzato, nel quale operano tanti operatori, ogni giorno milioni di consumatori effettuano transazioni economiche, esistono innumerevoli e sempre nuove tipologie di offerte e servizi proposti al pubblico, ed alle questioni economiche si sommano questioni giuridiche e tecniche, presuppone una laboriosa e continua attività di regolazione, di vigilanza, di controllo, e poi di repressione dei comportamenti che si situano al di fuori delle regole fissate.

In un anno, l’AGCom deve gestire mediamente circa 6.000 denunce di utenti per lamentati disservizi ed inefficienze degli operatori. Ma le richieste che ci pervengono sono molte di più, nell’ordine di diverse migliaia al mese; solo una parte di esse, intorno al 10-15%, costituiscono effettive denunce di violazioni procedibili su cui l’Autorità è competente ad intervenire.

Vengono poi effettuate, d’intesa con il Nucleo Speciale della Guardia di Finanza e della Sezione di Polizia postale e delle comunicazioni presso l’Autorità, ispezioni presso sedi e succursali delle imprese, al fine di verificare le maggiori problematiche segnalate dai consumatori: l’attivazione di servizi non richiesti; le procedure interne poste in essere dalla società al fine di contenere il fenomeno; le modalità di commercializzazione, vendita ed assistenza di prodotti e servizi, con specifico riferimento alla modifica di piani tariffari e alle modalità di commercializzazione dei servizi a banda larga.

Negli ultimi otto mesi, l’Autorità ha adottato, a conclusione di procedimenti sanzionatori, 73 provvedimenti, per un totale di 150 casi di violazioni accertate (per i casi restanti, le imprese hanno preferito versare direttamente la somma prevista dalla legge a titolo di oblazione). Il valore complessivo delle sanzioni irrogate soltanto in sede di ordinanza-ingiunzione è di oltre 1.500.000 euro.

Questi risultati evidenziano come l’Autorità, in materia di tutela dei consumatori, eserciti un controllo vigile e severo. In particolare la nuova consiliatura, a cui è stata riconosciuta dalle stesse associazioni dei consumatori una “maggiore attenzione nei

confronti dei cittadini”, ha intrapreso una fattiva strada di vigilanza del mercato e delle sue patologie, con l’istituzione, a poca distanza dall’insediamento del nuovo Consiglio, della Direzione Tutela dei Consumatori e del Servizio Ispettivo.

Ciò, allo scopo di adempiere nel miglior modo possibile ai compiti istituzionali ed alle aspettative degli utenti e delle associazioni che li rappresentano, con le quali è stato intrapreso un cammino di stretta collaborazione mediante un apposito tavolo di consultazione permanente.

Se questa è la strada tracciata, è giusto constatare che ad oggi il settore è ancora caratterizzato dalla presenza di diverse patologie, che l’Autorità sta affrontando e che intende risolvere (o quanto meno ridimensionare entro un limite di guardia). Le problematiche, come accennato, riguardano soprattutto: l’attivazione di servizi non richiesti, i servizi a tariffazione specifica, la qualità dei servizi, il passaggio degli utenti da un operatore all’altro e la trasparenza delle condizioni economiche e tecniche delle offerte al pubblico.

Al fine di fornire una più efficace risposta regolamentare a questa problematica, l’Autorità ha adottato, con delibera 664/06/CONS, un regolamento recante disposizioni a tutela dell’utenza in materia di fornitura di servizi di comunicazione elettronica mediante contratti a distanza”.

Il regolamento conferisce maggiore trasparenza e certezza giuridica per la conclusione di contratti a distanza, ai quali si accompagna spesso l’attivazione di servizi supplementari non richiesti da parte del consumatore o la modifica unilaterale delle condizioni inizialmente pattuite, garantendo una più efficace tutela dell’utenza tramite fra l’altro: la previsione espressa dell’obbligo di fornire al potenziale cliente, in caso di proposta telefonica, precise informazioni; l’obbligo di dare al cliente certezza giuridica dell’avvenuta conclusione del contratto; la specifica garanzia di regolarità e continuità nell’erogazione del servizio mediante il divieto assoluto di sospensione dello stesso a fronte del mancato o ritardato pagamento; l’indicazione puntuale del presidio sanzionatorio.

In merito alla problematica relativa ai servizi a sovrapprezzo a numerazione specifica, l’Autorità ha avviato un procedimento (con delibera n. 660/06/CONS), in via di conclusione, in tema di trasparenza della bolletta telefonica e di blocco selettivo di chiamata, volto ad adottare, oltre a nuove misure specifiche a tutela dell’utenza, una forma di fatturazione completamente separata fra telefonia di base e servizi a sovrapprezzo, nonché a definire una disciplina organica del blocco selettivo di chiamata, affinché esso risulti completamente gratuito sia nella modalità permanente che in quella tramite PIN.

In materia di qualità dei servizi, l’Autorità è intervenuta riguardo ad un aspetto spesso lamentato dai consumatori, ossia la qualità dei servizi per l’accesso a Internet, adottando (con delibera n. 131/06/CSP) una direttiva in materia di qualità e carte dei servizi di accesso a Internet da postazione fissa, in base alla quale sono stati avviati i lavori per definire un innovativo sistema di misurazione che porrà l’Italia all’avanguardia nell’individuare e misurare indicatori di qualità, quali quelli relativi alla banda effettivamente offerta dagli operatori e ai ritardi di trasmissione. Analogo discorso vale per la valutazione della qualità delle nuove offerte di servizi telefonici basati sulla tecnologia voce su protocollo Internet (c.d. VoIP).

Un altro profilo di azione riguarda la revisione dell’esistente regolamentazione in materia di qualità e carte dei servizi di telefonia vocale fissa, alla luce dell’impatto derivante dalla prossima introduzione del servizio di canone all’ingrosso (il cd. “wholesale line rental”) che, grazie all’intervento dell’Autorità, consentirà in modo generalizzato alla clientela di avere un solo operatore di riferimento, con una sola bolletta.

Il processo messo in atto consentirà ai consumatori di avere a disposizione, entro la metà di quest’anno, una gamma completa di strumenti per valutare la qualità di tutti i servizi di telecomunicazioni fisse, siano essi tradizionali (telefonia vocale) ovvero innovativi (banda larga, voce su internet).

Sempre in tema di qualità dei servizi, un aspetto di grande rilevanza al fine di poter valutare le ricadute dell’evoluzione tecnologica in corso sullo sviluppo non solo economico ma anche civile della nostra società, riguarda i servizi di assistenza clienti ovvero la qualità dei call centers. Sul tema, l’Autorità si è fatta promotrice di un accordo fra gestori, associazioni dei consumatori ed utenti e associazioni di categoria, che contempla l’impegno da parte degli operatori a migliorare la qualità dei call center secondo un preciso programma triennale ed obiettivi di qualità predefiniti.

Per quanto concerne, poi, la questione della trasparenza delle offerte tariffarie degli operatori della telefonia, sia fissa che mobile, l’Autorità, a pochi giorni dal varo del decreto-legge “Bersani”, all’inizio dell’anno, ha adottato la delibera (n. 96/07/CONS) che contiene le modalità di attuazione delle norme del decreto in materia, individuando criteri semplici per garantire la trasparenza, tramite l’identificazione di tutti gli elementi – scatto alla risposta, prezzo minutario, etc. – che concorrono a formare il prezzo del servizio telefonico corrisposto dai consumatori.

Inoltre, si è adottata una ulteriore delibera (n. 126/07/CONS), volta a facilitare la scelta ragionata tra le diverse offerte presenti sul mercato.

L’insieme delle nuove regole, dunque, consente all’Italia di essere all’avanguardia nella disciplina della trasparenza e della qualità delle offerte di servizi di telecomunicazioni al pubblico, con tutti i vantaggi che ciò comporta per i consumatori, obiettivo primario della nostra azione.



La “nuova televisione” e la necessità di una transizione al digitale ordinata.


La televisione, piaccia o no, al giorno d’oggi è lo specchio in cui una società si riconosce. In un certo senso, addirittura, la Tv certifica, per molti cittadini, la realtà, con il rischio paradossale che la verità reale diventi, rispetto a quella virtuale del mondo televisivo, secondaria.

E’ in televisione, d’altronde, che si misura il livello di democrazia di una società (per questo, risultano essenziali gli interventi dell’Autorità in tema di par condicio e completezza dell’informazione politica). Ed è in Tv, altresì, che si riscontra il livello di civiltà di un Paese.

La protezione del pluralismo informativo è uno dei principi fondamentali dell’Unione Europea (art. 11 della Carta Europea dei diritti fondamentali): per questa ragione, la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE ha riconosciuto il diritto degli Stati membri di mantenere una legislazione speciale in materia più restrittiva del diritto della concorrenza.

Nella fase della transizione alla “nuova televisione” basata sulla tecnologia digitale, ciò comporta che si debba rispondere all’esigenza di consentire agli operatori già in attività di effettuare il passaggio, impedendo d’altronde che si violino le regole della concorrenza e senza escludere l’ingresso di nuovi operatori.

L’affermazione delle piattaforme digitali, che sono in grado di trasportare un numero elevato di canali televisivi, ha aumentato in modo considerevole le possibilità di scelta del consumatore. Attualmente, in Italia si contano oltre 200 canali disponibili (buona parte dei quali però a pagamento). Le nuove piattaforme televisive stanno conquistando un gradimento crescente e forniscono anche contenuti culturali apprezzabili.

Peraltro, la televisione tradizionale non ha perso appeal, e si conferma di gran lunga il principale mezzo di comunicazione; ogni giorno in Italia l’85 per cento della popolazione guarda la televisione, ed i telespettatori passano in media quasi quattro ore della loro giornata davanti all’apparecchio televisivo.

Lo sviluppo del digitale rappresenta un’esigenza non rinviabile per lo sviluppo pluralistico del sistema radiotelevisivo, da attuarsi tenendo conto di un equo bilanciamento fra gli interessi dei nuovi entranti e le esigenze delle imprese esistenti di salvaguardare l’avviamento aziendale e gli investimenti effettuati.

Dal canto suo, l’Autorità ha già posto in essere diverse azioni, al fine di consentire un passaggio rapido ed equilibrato al nuovo sistema digitale: a) innanzitutto abbiamo proceduto alla determinazione del valore del Sistema integrato delle comunicazioni, cui è riferito nella vigente normativa il tetto del 20 per cento dei ricavi complessivi conseguiti nel settore da un’impresa e su cui si basa la verifica del divieto di posizioni dominanti sui singoli mercati che lo compongono; b) si è avviata la ricognizione sistematica del patrimonio frequenziale, mettendo in atto, d’intesa con il Ministero delle comunicazioni, una operazione di chiarificazione generale riguardo all’attuale effettiva appartenenza delle frequenze ed al grado e modo della loro utilizzazione, che dovrebbe concludersi a breve; c) abbiamo aggiornato le regole per la cessione del 40 percento della capacità trasmissiva delle reti digitali terrestri, al fine di consentire l’ingresso di nuovi operatori nel mercato; d) si è avviato il processo di riforma della rilevazione degli indici di ascolto/diffusione dei diversi mezzi di comunicazione, con specifica attenzione a quello televisivo, estendendo la rilevazione alle nuove piattaforme (digitale terrestre, satellite e cavo) e prevedendo la partecipazione alla governance della società di rilevazione dei rappresentanti delle diverse piattaforme; e) riguardo poi alla radio, che con l’avvento del digitale è interessata anch’essa da possibilità di evoluzione significative, abbiamo indetto una consultazione pubblica (delibera 665/06/CONS) sull’evoluzione della tecnologia e della regolamentazione di settore.

La transizione verso il digitale, ad ogni modo, deve essere completata in modo che sia assicurata l’universalità del servizio, ossia con una copertura del territorio nazionale tale da non privare nessuno della fruizione della televisione.

Tuttavia, vi è un periodo intermedio, scandito dagli avvii delle trasmissioni nelle regioni-pilota della Sardegna e della Valle d’Aosta. Dobbiamo fare sì che il periodo di transizione, caratterizzato dalla compresenza delle due tecniche trasmissive e quindi da un uso inefficiente delle frequenze, sia il più breve possibile, assicurando il pluralismo ed un passaggio al digitale che sfrutti appieno le opportunità offerte dalla nuova tecnologia.

La pubblicità come strumento promozionale etico.


Le nuove frontiere della pubblicità commerciale, connesse all’evoluzione tecnologica, richiedono una comunicazione non invasiva bensì discreta, non urlata e non volgare, bensì culturalmente stimolante, che utilizzi una ironia intelligente e una creatività nuova, dal taglio più informativo che persuasivo.

La pubblicità propone modelli e comportamenti catturando segnali già presenti nella società. Rientra nelle responsabilità degli operatori pubblicitari selezionare dalla realtà i modelli di comportamento più adeguati.

I contenuti dei messaggi destinati ai più piccoli, la veridicità dei messaggi, le regole di concorrenza leale e i confini della libertà espressiva, sono questioni etiche.

La messa al bando della pubblicità denigratoria, che offende i valori dell'uomo e la dignità della persona è una questione etica.

E’ necessario comunicare con onestà, quindi, nel pieno rispetto delle regole.
Non creare dei falsi bisogni nel consumatore, bensì fornirgli informazioni comprensibili e veritiere. A parità di costo e di qualità del prodotto, la presenza di questi valori e la trasparenza della comunicazione saranno premiate dalle scelte del consumatore.

In materia di pubblicità televisiva l’Autorità è intervenuta ed interviene, in sede di vigilanza sui messaggi promozionali da un punto di vista sia qualitativo (in collaborazione con l’Autorità Antitrust) che quantitativo, irrogando ripetute sanzioni all’emittenza privata e, sul piano regolatorio, limitando il numero delle interruzioni inseribili in una partita di calcio e vietando gli sbalzi di volume negli spot.

Inoltre, l’Autorità sta dialogando con gli operatori televisivi privati nazionali nell’ottica dell’adozione da parte loro di un codice di autoregolamentazione in materia.

I minori fra “cattive maestre” ed una vigilanza attenta.


La questione dei rapporti fra televisione e minori non è affatto nuova: ormai da anni essa è al centro di accesi dibattiti anche nel nostro Paese, in particolare dopo la diffusione nella prima metà degli anni novanta della traduzione italiana del noto saggio di Karl Popper, “Cattiva maestra televisione”, che ha suscitato vivaci reazioni da parte di studiosi e intellettuali per la proposta di introdurre una “patente” che abilitasse all’esercizio delle professioni televisive, essendosi riconosciuto alla Tv un ruolo di “educatrice” che essa, volente o nolente, è destinata ad esercitare per sua stessa natura.

L’importanza della fruizione del mezzo televisivo da parte delle giovani generazioni è dovuta a due aspetti: il primo è che i minori costituiscono un “pubblico speciale”, che trova nel piccolo schermo il principale veicolo di visioni della vita, ruoli sociali e spesso (talvolta purtroppo) valori, prima ancora di aver avuto una esperienza diretta della realtà.

Il secondo aspetto è che i minori, evidentemente, saranno gli adulti di domani, per cui porteranno nella società stili di vita, modelli culturali e valori che hanno “appreso” oggi, anche o soprattutto mediante la Tv, secondo la diffusa teoria secondo cui il mezzo televisivo avrebbe rimpiazzato in tutto o in parte le tradizionali istituzioni di socializzazione (famiglia, scuola, comunità parrocchiale, etc.).

Si contrappongono, in sostanza, due opposti interessi: da un lato quello del minore ad una crescita emotivamente e culturalmente sana, dall’altro la legge del mercato che insegue l’audience a tutti i costi, trascurando le esigenze del pubblico più giovane e non preoccupandosi di eventuali danni che esso può subire.

Danni i quali, secondo le più recenti ricerche, sarebbero numerosi e non lievi: da quelli fisici (postura scorretta e alimentazione sbagliata) a quelli psicologici, dall’imitazione della violenza all’induzione al consumo, dalla interiorizzazione di stereotipi culturali e sociali errati ad una visione alterata dei rapporti sociali, dall’apprendimento della volgarità a una precoce o distorta educazione sessuale.

Per queste ragioni, come insegna Popper, “nessuna democrazia può essere definita tale se non impedisce l’abuso che chiunque possa fare di questo mezzo”.

Il problema sarà allora verificare se le due opposte esigenze cui ho fatto cenno siano in qualche modo conciliabili.

L’assunzione di responsabilità da parte dei gestori delle emittenti, dei produttori televisivi, degli operatori di comunicazione in generale, quindi, non può più essere rinviata.

Già da tempo, la programmazione televisiva è regolamentata al fine di eliminare o limitare il più possibile eventuali danni arrecati al pubblico dei minori. La loro tutela, appunto, è uno fra i compiti principali dell’Autorità, che lo svolge in particolare grazie alla valida collaborazione del Comitato di applicazione del Codice Tv e Minori.

Il minore è, allo stesso tempo, soggetto destinatario e soggetto attore dell’informazione e della comunicazione, da tutelare nello svolgimento di entrambi questi suoi ruoli, tenendo conto che il processo di convergenza in corso consente di veicolare, tramite i mezzi stessi, tipologie di contenuti anche simili pur con forme, modalità e livelli di approfondimento differenziati.

Il Testo Unico della radiotelevisione, pertanto, prevede tra i principi a garanzia degli utenti radiotelevisivi, a tutela dei diritti fondamentali della persona ed in particolare della dignità, del benessere, della salute e dell’armonico sviluppo fisico, psichico e morale del minore, il divieto delle trasmissioni che, fra l’altro, “anche in relazione all’orario di trasmissione, possono nuocere allo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori”.

Di particolare rilevanza, risulta la disposizione in base alla quale “le emittenti televisive devono osservare le disposizioni per la tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione”, attraverso la quale il Codice di autodisciplina in materia di Tv e minori, già esistente, è recepito all’interno dell’ordinamento nazionale, conferendo inoltre all’Autorità poteri di vigilanza e dissuasione ben più penetranti rispetto al passato.

Con riferimento all’efficacia delle nuove disposizioni, oltre all’inasprimento dell’apparato sanzionatorio, va considerato positivamente – per i possibili effetti di deterrenza ad esso correlati – l’obbligo di dare adeguata pubblicità alle sanzioni inflitte in tema di tutela dei minori, puntualmente rispettato.

Gli obblighi in materia sono particolarmente rafforzati, poi, nei confronti della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. Essendo considerata la tutela dei minori e delle fasce deboli e anziane della popolazione fra i compiti prioritari del servizio pubblico, la RAI è soggetta ad una disciplina specifica dettata nel contratto di servizio vigente (la verifica del rispetto della quale spetta al Ministero delle comunicazioni ed all’AGCom).

Le diverse norme adottate in materia di tutela dei minori dal legislatore nel corso degli anni, con la loro forse inevitabile genericità, lasciano un notevole ambito di discrezionalità all’intervento dei soggetti istituzionali – l’Autorità in primis – ai quali è attribuita la funzione di vigilanza. Si pensi soltanto, ad esempio, alla difficoltà d’individuazione delle trasmissioni idonee a ledere la sensibilità dei minori, ovvero nocive al loro sviluppo psichico e morale.

Il giudizio di valore con riferimento ai contenuti delle trasmissioni rappresenta, dunque, uno dei profili più complessi e delicati nell’ambito delle attribuzioni dell’Autorità in materia di vigilanza sulla programmazione radiotelevisiva, in quanto presuppone la cognizione e l’applicazione non soltanto dei principi dell’ordinamento e dei criteri interpretativi e di valutazione individuati dalla dottrina e dalla giurisprudenza, ma anche dei più sofisticati strumenti di analisi propri delle scienze psicologiche, sociologiche e pedagogiche.



La stampa: un mezzo comunicativo in evoluzione.


La necessità della difesa della stampa, che trova una specifica indicazione nella nostra Carta costituzionale, è di particolare attualità. Il settore della stampa quotidiana e periodica, che ha sempre fatto registrare in Italia un livello di penetrazione inferiore a quello degli altri Paesi europei, rischia di vedere aggravata la sua posizione, a seguito dello sviluppo impetuoso degli altri mezzi di comunicazione “convergenti”.

D’altro canto, si assiste ad un profondo rinnovamento del prodotto editoriale, sia sotto il profilo della forma – si pensi all’introduzione del colore da parte dei maggiori quotidiani – sia sotto il profilo delle iniziative editoriali, con nuove edizioni e nuovi inserti. Prosegue, poi, il successo dei prodotti collaterali rispetto ai giornali (libri e audiovisivi innanzitutto), che assicura un consistente apporto ai ricavi.

Di rilievo, è altresì la crescente diffusione della free press, nonché dell’editoria su Internet, utilizzate come strumenti per intaccare la platea dei “non lettori” e la cui evoluzione è seguita da vicino dall’Autorità.

L’editoria giornalistica, ad ogni modo, deve poter utilizzare appieno le opportunità offerte dalle nuove piattaforme tecnologiche. È anche in quest’ottica che l’Autorità, oltre a vigilare affinché sia rispettato il divieto di posizioni dominanti nei singoli mercati che compongono il Sistema integrato delle comunicazioni, ha definito le regole per la cessione della capacità trasmissiva delle reti digitali terrestri a soggetti terzi.

Ai nostri giorni, il diritto di libera manifestazione del pensiero con ogni mezzo di diffusione, nonché la correlata libertà d’iniziativa economica privata, non possono prescindere dalla possibilità di disporre liberamente, per l’esercizio dei propri diritti di informazione e comunicazione, dei diversi media odierni.


La società della comunicazione senza confini e la necessità di un controllo vigile.

Negli ultimi anni, il ruolo delle singole Autorità nazionali si è dimostrato fondamentale per il regolato sviluppo del settore delle telecomunicazioni. Si tratta di una funzione delicatissima che va svolta in modo neutrale rispetto alle diverse iniziative che la tecnologia consente di sviluppare su molteplici piattaforme, nell’ottica di un equilibrato assetto di mercato che contemperi l’iniziativa imprenditoriale, l’innovazione tecnologica, la concorrenza e – ma non ultimi – gli interessi dei consumatori.

In quanto neutrale, la funzione di regolazione va svolta in posizione di indipendenza dal Governo. Il che non significa, ovviamente, che le Autorità possano essere autoreferenti. Dobbiamo rispondere all’opinione pubblica, dobbiamo riferire al Parlamento, ch’è la massima sede rappresentativa del Paese, dobbiamo commisurare e confrontare gli indirizzi e gli esiti della nostra azione con quelli delle altre Autorità europee.

La dimensione europea è la scala geografica ed istituzionale più adeguata per tecnologie che forniscono servizi e contenuti sempre più transnazionali. Se il mercato è comune, le regole devono essere quanto più possibile comuni, o almeno non disomogenee.

La Commissione UE ha sottolineato a più riprese il ruolo leader dell’Italia nella telefonia mobile e nell’unbundling, evidenziando l’importanza delle misure pro-competitive adottate dall’Autorità: siamo all’avanguardia nel mondo per diffusione dei servizi di telefonia mobile di terza generazione (UMTS), per il lancio commerciale della televisione in mobilità (con tecnologia DVB-H) nonché per l’offerta di servizi televisivi su computer (IPTV).

Occorre peraltro procedere ad adeguamenti mirati, basati sull’esperienza applicativa della normativa vigente.

In questo quadro, sta maturando in seno allo European Regulators Group (la cui presidenza quest’anno è affidata all’AGCom) una nuova forma di coordinamento dei regolatori nazionali che, salvaguardando la qualificazione e l’esperienza da essi maturate sul campo e l’aderenza delle regole alle dinamiche di mercato nazionali, fornisca nel contempo le linee-guida e gli indirizzi strategici per le singole Autorità, evitando distorsioni dell’ottica comune.

Di fronte al fenomeno della convergenza, ad ogni modo, a livello regolamentare risulta essenziale garantire il rispetto del principio di neutralità tecnologica, cardine del framework regolatorio comunitario, assicurando un level playing field ispirato alla parità di opportunità per l’eventuale implementazione e diffusione di nuove tecnologie, modalità di fruizione o servizi per gli utenti.

Tali opzioni investono necessariamente questioni e “snodi regolamentari” di particolare complessità, che rappresentano sfide sempre nuove – in un contesto tecnologico e commerciale che avanza mutando senza sosta – per i soggetti pubblici ai quali è demandato il compito di vigilare sulle dinamiche dei mercati (ed ove necessario intervenirvi). Ciò, in particolare, poiché le scelte in materia, come evidenziano costantemente i fatti di cronaca, coinvolgono assets ed interessi fondamentali dell’industria nazionale ed internazionale, nonché in ultima analisi – ma non certo per importanza – il benessere dei consumatori/utenti finali.

Per svolgere questi compiti, dunque, l’AGCom intende sviluppare sempre più il dialogo con gli operatori economici, allo scopo di una migliore comprensione dei problemi e delle situazioni del mercato, ma anche nell’ottica, eventualmente, di procedure concertate con gli operatori stessi. A una condizione, però: che gli accordi siano precisi e che per la loro inosservanza siano previste sanzioni adeguate.

L’Autorità della quale mi è stata affidata la presidenza, nel primo anno del mandato del suo secondo Consiglio, ha adottato quale principio ispiratore della propria attività, anche di fronte ai compiti di maggiore complessità, quello di “tenere la rotta” con fermezza nella direzione del benessere dei consumatori/utenti e della massima vigilanza – nonché azione regolatoria, ove del caso – necessarie ad agevolare il libero dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali e lo sfruttamento delle opportunità offerte dal processo di convergenza.

In conclusione, nello scenario della convergenza dei mezzi di comunicazione, risulta necessario un controllo vigile sulle evoluzioni tecnologiche, sociali e di mercato, non soltanto da parte dell’AGCom – riguardo alla quale mi sento di garantire che proseguiremo a lavorare con totale impegno e dedizione per risolvere le questioni che ci troviamo incessantemente di fronte – bensì più in generale a tutti i livelli della comunità: politico, istituzionale, professionale, educativo, familiare, personale.

L’Autorità farà la sua parte, ma mi aspetto che gli operatori siano magna pars di un cambio di attitudine verso i cittadini, le famiglie e gli utenti più vulnerabili, adottando codici di autodisciplina aziendale ed una certificazione neutrale e trasparente della qualità del servizio, estesa anche alle aziende alle quali vengono appaltati servizi in outsourcing.

La spinta etica e la cooperazione nella vigilanza da parte di ciascuno di noi rappresentano uno strumento di utilità incomparabile, rispetto alle sempre nuove sfide sollevate dal progresso tecnologico, e risultano di ausilio essenziale agli organi pubblici, nell’ottica di uno sviluppo armonico – e condiviso – di una società della comunicazione senza confini.
















SCHEDA:

L’AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è un’Autorità indipendente, istituita dalla legge 31 luglio 1997, n. 249. Indipendenza e autonomia sono elementi costitutivi che ne caratterizzano l’attività e le deliberazioni.

Al pari delle altre autorità previste dall’ordinamento italiano, l’AGCom risponde del proprio operato al Parlamento, che ne ha stabilito i poteri, definito lo statuto ed eletto i componenti.

Sono organi dell’Autorità: il Presidente, il Consiglio, la Commissione per le infrastrutture e le reti, la Commissione per i servizi e i prodotti. Ciascuna Commissione è organo collegiale, costituito dal Presidente e da quattro Commissari. Il Consiglio è costituito dal Presidente e da tutti i Commissari.

L’AGCom è innanzitutto un’Autorità di garanzia: la legge istitutiva affida all’Autorità il duplice compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare i consumi di libertà fondamentali dei cittadini.

In questo senso, le garanzie riguardano:

Pregiudiziale ad ogni altro obiettivo è stata tuttavia e continua a essere l’innovazione tecnologica, destinata ad arricchire il quadro delle risorse disponibili, a innestare nuovi processi produttivi, a favorire la formazione di nuovi linguaggi e l’alfabetizzazione dei cittadini verso la società dell’informazione.


L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è un’Autorità “convergente”. La definizione fa riferimento alla scelta del legislatore italiano di attribuire a un unico organismo funzioni di regolamentazione e vigilanza nei settori delle telecomunicazioni, dell’audiovisivo e dell’editoria. Si tratta di una scelta giustificata dai profondi cambiamenti determinati dall’avvento della tecnologia digitale, che attenua, fino ad annullarle, le differenze fra i diversi mezzi, diventati veicolo di contenuti – immagini, voce, dati – sempre più interattivi. Telefono, televisione e computer sono destinati a integrarsi, a convergere sulla medesima piattaforma tecnologica, ampliando in tal modo la gamma dei servizi disponibili.

SCHEDA:

CORRADO CALABRO’

Nato nel 1935 a Reggio Calabria, si è laureato in giurisprudenza nel giugno 1957 all'Università di Messina con 110 e lode. Vive a Roma.

Entrato per concorso (primo classificato), nel maggio '68, nella magistratura del Consiglio di Stato, provenendo dalla magistratura della Corte dei Conti, ne è divenuto Presidente di sezione nel 1982.

Presso il Consiglio di Stato è stato addetto sia alle sezioni giurisdizionali che a quelle consultive, nonché al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia.

Al Consiglio di Stato è stato presidente aggiunto alla III Sezione dal 1990 e della V Sezione dal 1996. Presidente titolare della III Sezione dal 1997 al 2000. Presidente titolare della Sezione per gli atti normativi dal 1 gennaio 2001. E' stato estensore di sentenze pilota sull'effettività e concludenza della tutela giurisdizionale.

Dal 1 ottobre 2001 al 9 maggio 2005 è stato presidente del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, dove ha presieduto anche la I Sezione, ch'è quella che si occupa della funzione pubblica nell'economia ed in particolare dell'Antitrust, della Consob, della Banca d'Italia.

E' autore di monografie in diritto del lavoro e in diritto amministrativo. Tra queste, gli scritti in materia di giudizio di ottemperanza e quelli che tendono a spostare l'oggetto del giudizio dall'atto dell'azione amministrativa si collocano, con innovativi apporti, nel solco di una profonda svolta nel diritto amministrativo.

Dal 1963 al 1968 è stato Capo della Segreteria tecnico-giuridica del Presidente del Consiglio dei Ministri Aldo Moro a Palazzo Chigi.

E' stato poi Capo di gabinetto in vari ministeri: Bilancio, Mezzogiorno, Sanità, Industria, Agricoltura, Marina mercantile, Poste e telecomunicazioni, Pubblica istruzione e università, Politiche comunitarie, Riforme istituzionali.

E' stato Presidente del Comitato consultivo permanente per il diritto d'autore.

Presidente dell'Associazione magistrati del Consiglio di Stato dal luglio 1999 al settembre 2001.

Poeta. Scrittore.

E’ Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dal maggio 2005.

1 Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.