INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA: QUALI EFFETTI SULLA PSICHE DELLA DONNA?
La gravidanza è un momento speciale nella vita di una donna ed è caratterizzata da un vissuto psichico ed emotivo molto particolare. Aspettare un bambino comporta un grande cambiamento maturativo, perchè significa passare dal ruolo di figlia e di moglie o compagna al ruolo di madre. Questo processo è costellato da vissuti di gratificazione ed entusiasmo, ma inevitabilmente anche da sentimenti di angoscia. Inoltre, le speranze per il futuro, le conferme rispetto alla propria femminilità, il sentirsi realizzata come donna, l’accudimento precoce del feto, le aspettative del partner e dei familiari, sono tutti fattori che contribuiscono nel determinare una risposta emotiva complessa alla gravidanza e che hanno un ruolo cruciale nel ridefinire l’identità stessa della donna. Di conseguenza, l’interruzione di questo processo può causare una serie di problemi psicologici che, a seconda dei casi, possono sfociare in gravi disturbi mentali.
Una gravidanza può interrompersi a causa di un aborto procurato (i.v.g.) o di un aborto spontaneo. Per aborto si intende l’interruzione della gravidanza prima che il feto sia in grado di sopravvivere autonomamente dalla madre, cioè prima del 180° giorno di amenorrea.
L’aborto spontaneo è un evento che riguarda almeno il 15% delle gravidanze clinicamente riconosciute ed è un’esperienza spesso vissuta dalla donna in modo traumatico, sia sul piano fisico che su quello psichico. Esso si manifesta clinicamente con metrorragia e dolori addominali, durante i quali la placenta e il feto vengono espulsi contemporaneamente, inseguito all'azione delle contrazioni uterine. In genere, le donne che hanno un aborto spontaneo, pur presentando inizialmente uno stress mentale superiore, rispetto alle donne che hanno interrotto volontariamente la gravidanza, vanno incontro ad un miglioramento più veloce dei disturbi psicologici iniziali, rispetto a quelle che hanno abortito volontariamente. Dunque, la risposta psicologica, all’aborto spontaneo ed all’aborto volontario è diversa, ed è possibile attribuire questa differenza alle caratteristiche dei due tipi di aborto: infatti mentre l’aborto spontaneo è un evento improvviso ed involontario, l’aborto procurato prevede la responsabilità cosciente della madre.
L’aborto procurato nell’ordinamento italiano deve avvenire prima dei tre mesi dal presunto concepimento e può essere attuato se sussiste pericolo fisico o psichico per la salute della madre. L’i.v.g., dopo i primi 90 giorni, può essere praticata quando:
la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinano un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
La legge 194/78 all’art.6 prevede che, oltre il 90º giorno, non sono le accertate “rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro” a legittimare di per sé l’ i.v.g., ma solo il “grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna” che tali accertate anomalie determinano.
Secondo stime recenti nel mondo ci sono ogni anno 26 milioni di aborti legali 2. Sebbene sia quindi un’esperienza frequente, è ancora oggetto di diatriba.
Negli anni sono state svolte diverse ricerche che hanno cercato di individuare quali siano gli effetti dell’aborto sulla salute mentale della donna, tuttavia l’interpretazione dei dati spesso risente della posizione culturale ed etica dell’autore. Infatti, alcuni studiosi, che sono a favore della libertà di scelta della donna, hanno mostrato che l’i.v.g. non sia mai causa di problemi psicologici. Altri, che invece sono contrari all’interruzione volontaria di gravidanza, hanno evidenziato che l’i.v.g. sia fonte di disturbi mentali 3. Al tempo stesso, una letteratura sempre più ampia ha evidenziato l’importanza dell’aborto nella patogenesi di disturbi psicopatologici 4. Dunque, in questa review ci proponiamo di esaminare la letteratura descrivendo i possibili rapporti tra interruzione volontaria di gravidanza (I.V.G.) e disturbi psicopatologici, evidenziando le problematiche che possono emergere dopo una i.v.g.
Uno studio, svolto su donne che avevano abortito volontariamente 8 settimane prima, ha rilevato che il 44% presentava disturbi mentali, il 36% disturbi del sonno, il 31% si era pentito e l’11% si era fatto prescrivere psicofarmaci dal proprio medico di famiglia 5. Un altro studio ha rilevato che il 25% delle donne che abortiscono esegue visite psichiatriche, in confronto al 3% del gruppo di controllo 6, e che le donne che abortiscono hanno una probabilità molto più alta, rispetto alle altre, di essere ricoverate successivamente in un reparto psichiatrico 7-8.
Gravidanza ed aborto procurato
Scoprire di aspettare un bambino, quando questo avviene in condizioni poco favorevoli, può essere uno shock e rappresentare un momento molto critico nella vita di una donna 9.
La gravidanza, come la pubertà o la menopausa, è un periodo di crisi che comporta profondi cambiamenti sia psicologici che fisici. Questi momenti critici rappresentano, al tempo stesso, un test fondamentale per la salute mentale, in quanto, in condizioni favorevoli, determinano l’emergere di livelli più integrati di identità personale e consapevolezza di sé, mentre in condizioni sfavorevoli possono determinare soluzioni nevrotiche più o meno gravi.
La gravidanza dunque è di per sé un momento stressante che coinvolge tutte le aree della persona: sono presenti cambiamenti endocrinologici, si riattivano antichi conflitti psicologici e si verifica una riorganizzazione intrapsichica, che consente alla donna di diventare anche madre 10-11. La donna ancor prima di scegliere di abortire è già oggetto di profondi cambiamenti, sia psicologici che cognitivi 9.
Le donne sviluppano l’attaccamento emotivo verso il feto già durante la gravidanza 12-14. Uno studio in particolare indica che l’attaccamento madre-feto inizia subito dopo il concepimento 14 anche nelle donne che progettano di abortire, in quanto i processi psicologici sottostanti a questa relazione precoce vanno al di là del controllo cosciente della madre. A tal proposito, una ricerca recente ha riscontrato che il 20% delle donne che abortisce prova un grave stress emotivo simile a quello delle madri che soffrono per la morte del proprio figlio 15, con la differenza che i sensi di colpa associati alla volontarietà dell’i.v.g possono ulteriormente complicare ed intralciare l’elaborazione del lutto 16.
Una donna di fronte alla scelta di portare a termine o meno la gravidanza vive un momento di crisi. Una persona, in generale, quando vive un momento di crisi, si trova in uno stato di grande turbamento e dissonanza cognitiva, rispetto al quale è molto vulnerabile a qualunque influenza, sia interna che esterna, che possa aiutarla a stare meglio 17. Le persone che vivono un momento di crisi hanno meno fiducia in quello che pensano e nella capacità di riuscire a prendere la decisione giusta. Tale vulnerabilità psicologica può portare a situazioni in cui genitori, counselor, partner o altre figure significative possono avere una grandissima influenza sulla decisione finale 18.
Quando una donna in gravidanza, che già di per sé si trova in uno stato di fragilità, deve scegliere se abortire o meno vive una condizione ancora più critica e quindi è più vulnerabile 19. Dunque, si può trovare a prendere una decisione non rispondente ad una scelta consapevole, che successivamente può provocare gravi sentimenti di rimpianto. Una persona in crisi, infatti, tende a sentirsi stanca, prova sentimenti di profondo sconforto, di inadeguatezza, di confusione, ansia e disorganizzazione, di conseguenza è più probabile che si faccia indietro e lasci che altri prendano la decisione al suo posto 20.
La decisione di abortire è il frutto di giorni o settimane di riflessioni, il motivo di questa decisione ed il modo in cui viene presa possono influire sulla risposta psicologica della donna dopo l’evento 9. Uno studio, a tal proposito, indica che il 44% delle donne esprime dubbi riguardo la decisione di abortire al momento della scoperta della gravidanza, ed il 30% continua ad avere dubbi al momento dell’i.v.g 21.
Fattori di rischio
Studi recenti, che hanno indagato la natura conflittuale del processo decisionale, hanno riscontrato che i sentimenti ambivalenti sono presenti in maniera significativa sia prima che dopo l’interruzione volontaria di gravidanza anche tra le donne che precedentemente erano favorevoli all’aborto. Dunque, malgrado l’atteggiamento favorevole riguardo l’i.v.g in generale, le donne manifestano una disposizione negativa riguardo il proprio aborto 22. Questa ambivalenza viene generalmente espressa in maniera indiretta: attraverso un comportamento taciturno, impaziente o ostile verso il personale medico, o anche mostrando una eccessiva sicurezza personale 23.
L’ambivalenza sperimentata da molte donne è quindi un aspetto fondamentale ed è dovuta a conflitti di natura personale, relazionale, morale e/o spirituale che influenzano la decisione. Tuttavia anche i cambiamenti fisici, caratteristici delle prime fasi della gravidanza possono essere fonte di conflitto 22. L’ambivalenza è uno dei predittori più importanti nel determinare disturbi psicologici dopo l’i.v.g 24 25, quali sensi di colpa 26, ansia 27, rimpianto, depressione e rabbia 24. Dunque, una disposizione ambivalente è correlata con l’aumento della vulnerabilità per problemi psicologici dopo l’i.v.g 28.
Nei reparti ospedalieri che praticano l’interruzione volontaria di gravidanza sono stati osservati quattro stili decisionali disfunzionali 29:
1) “l’approccio istintivo” nel quale la decisione è presa molto rapidamente, senza prendersi il tempo sufficiente per esplorare altre possibilità o risolvere i sentimenti ambivalenti;
2) “l’approccio razionale-analitico” che si basa sulle ragioni pratiche a favore dell’aborto (problemi economici, essere single, etc.) in contrasto con i bisogni emotivi (attaccamento alla gravidanza, desiderio di maternità, etc.);
3) “l’approccio basato sul rifiuto e sul temporeggiamento” o sull’evitamento della decisione , che è tipico delle donne che rinviano la decisione a causa dei forti sentimenti conflittuali, che non vengono risolti prima dell’aborto, dovuti al desiderio di tenere il bambino;
4) “l’approccio basato su nessuna presa di decisione” nel quale la donna si rifiuta di prendere la decisione, delegando ad altri di decidere per lei (partner, genitori, professionisti della salute, etc.).
Ciascuno di questi stili può determinare un più basso livello di soddisfacimento dopo l’aborto e provocare problemi psicologici, poiché la donna prima dell’intervento non ha piena consapevolezza della sua decisione 29. Ulteriori fattori di rischio, inerenti il processo decisionale, sono: la difficoltà nel prendere la decisione 26 27, l’investimento emotivo nella gravidanza 30 31, l’aver inizialmente progettato una gravidanza 30 31, avere opinioni contrarie all’aborto 26 32 e la credenza nell’umanità del feto 33. Se considerate insieme, tutte queste variabili indicano che la donna, nonostante voglia abortire, ha dentro di sè una volontà, anche minima, di portare a termine la gravidanza e che sono presenti valori in contrasto con l’aborto volontario. Infatti, la presenza di questi fattori influisce notevolmente determinando un vissuto doloroso di lutto, senso di colpa, rabbia e/o difficoltà nelle relazioni interpersonali o con il partner 28. La figura 1 mostra la differenza di punteggi relativi ai sensi di colpa provati in seguito all’aborto spontaneo ed all’aborto volontario (Fig. 1) 2.
Inserire figura 1
La scelta di abortire è difficile per molte donne a causa di conflitti emotivi e pressioni esterne 24, 34-39 e la decisione finale frequentemente non rappresenta il reale desiderio della donna, di conseguenza molte donne vivono l’aborto come una perdita che comporta dolore, altre emozioni sgradevoli e disturbi psicologici 28.
Disturbi mentali correlati all’I.V.G.
La pratica abortiva può avere conseguenze sia nel breve che nel lungo periodo. Nel breve termine può associarsi ad una riduzione dei livelli di ansia, per il venir meno dell’elemento ansiogeno costituito dalla gravidanza indesiderata. Mentre nel lungo periodo, in una percentuale consistente di donne, costituisce un fattore di rischio significativo, associandosi ad una maggiore incidenza di ansia, disturbo post traumatico da stress, depressione, rischio di suicidio ed abuso di sostanze. Questo appare tanto più vero alla luce di quanto esposto precedentemente riguardo la conflittualità che caratterizza il processo decisionale. L’i.v.g eseguito in giovane età è correlato a disturbi d’ansia o di depressione dopo anni dall’interruzione della gravidanza, che appaiono tanto più severi quanto più è bassa l’età della donna.
Ansia ed Aborto.
Uno studio ha riscontrato che prima di abortire dal 40 al 60% delle donne presenta un livello elevato di ansia, ed il 20% un elevato livello di depressione 40.
Bradshaw et al. hanno esaminato il livello di stress psicologico presente immediatamente prima dell’interruzione di gravidanza 41 ed hanno riscontrato che dal 40 al 45% delle donne manifesta un elevato livello di ansia. Subito dopo l’intervento, invece, c’è una riduzione dei livelli di stress 23 34 41, ma una minoranza di donne continua ad avere importanti disturbi psicologici 4 37 43-45, che frequentemente consistono in un’ansia molto elevata 35 40 45-48. Uno studio più recente ha riscontrato che più del 30% delle donne, un mese dopo l’IVG, manifesta livelli di ansia clinicamente significativi e/o elevati livelli di stress 41. La figura 2 mostra la differenza esistente tra i livelli di ansia presenti nella popolazione generale e quelli riscontrati nelle donne che hanno abortito durante i cinque anni successivi all’intervento ( Fig. 2) 2.
L’ansia può manifestarsi in vari modi: attraverso tensione muscolare, vertigini, tachicardia, problemi gastrici, cefalea, paura del futuro, difficoltà di concentrazione e disturbi del sonno.
Inoltre, lo stress causato dall’aborto si può evolvere in un vissuto di dolore e di paura con cambiamenti delle relazioni sessuali, incremento o inizio dell’assunzione di droghe ed alcol, cambiamenti del comportamento alimentare, isolamento sociale, perdita della stima di sé fino all’ideazione suicidarla ed ai tentativi di suicidio 49.
Disturbo Post-traumatico da Stress ed Aborto
L’aborto può rappresentare un evento traumatico nella vita di una donna. Questo aspetto potrebbe essere imputabile al fatto che la donna percepisce l’aborto come l’uccisione violenta del proprio bambino, cosicché la paura, l’ansia, il dolore e la colpa associati alla procedura si mescolano alla percezione di una morte violenta 50-51.
Barnard C.A. ha svolto una ricerca su donne che avevano praticato l’interruzione volontaria di gravidanza 3-5 anni prima, riportando che il 18.8% presentava tutti i sintomi principali del Disturbo Post Traumatico da Stress, il 46% delle donne manifestava sintomi da stress elevato quali disturbi del sonno, elevata reattività fisiologica e stati dissociativi durante i quali riviveva l’esperienza di aborto, ed il 16.9% presentava ricordi ricorrenti ed intrusivi dell’evento, mentre il 23.4% presentava l’evitamento persistente degli stimoli associati all’aborto 52. Un altro studio ha riscontrato una risposta di stress nel 55% delle donne, 6 mesi dopo l’aborto 53.
La figura 3 mostra i sintomi del Disturbo Post-traumatico da Stress rilevati somministrando il questionario IPLQ ad un campione di 217 donne americane che hanno abortito una o più volte. Dall’analisi dei dati emerge che: il 65% del campione rivive in modo persistente l’evento attraverso ricordi ricorrenti ed intrusivi (47%) e flashbacks (46%); il 36% del campione presenta l’evitamento persistente degli stimoli associati all’aborto che si manifesta, nel 50% delle donne esaminate, attraverso gli sforzi per evitare pensieri, sensazioni o conversazioni associate all’aborto e, nel 46%, attraverso l’incapacità di ricordare qualche aspetto importante dell’evento; infine, il 17% presenta sintomi persistenti di aumentato arousal di cui il 24% presenta irritabilità o scoppi di collera, mentre il 23% difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno (Fig. 3) 54.
Alla luce di queste considerazioni alcuni autori hanno definito questi disturbi “sindrome post-abortiva” considerandola un tipo di Disturbo Post Traumatico da Stress i cui sintomi principali sono: (a) l’esposizione o la partecipazione ad una esperienza di aborto, che viene percepita come l’uccisione traumatica ed intenzionale di un bambino non ancora nato; (b) rivivere in modo negativo ed intrusivo l’evento dell’aborto; (c) sforzi infruttuosi di evitare o negare i ricordi dolorosi dell’aborto, che determinano una ridotta capacità di reagire al trauma; (d) altri sintomi associati che non erano presenti prima di abortire, inclusi sensi di colpa e la sensazione di essere sopravvissuti 51.
Depressione ed Aborto.
Il rischio di depressione nelle donne che abortiscono una gravidanza indesiderata è superiore rispetto alle donne che portano a termine la gravidanza. Secondo uno studio recente le donne che abortiscono la loro prima gravidanza incrementano del 65% le probabilità di ammalarsi di depressione, rispetto alle donne che la portano a termine 18. Un recente studio di Fergusson et al. del 2006 prende in considerazione un gruppo di donne neozelandesi suddiviso in tre fasce di età (15-18, 18-21 e 21-25) e ripartite nei seguenti tre gruppi:
Donne che non hanno mai avuto una gravidanza
Donne che hanno portato a termine la gravidanza
Donne che hanno praticato un i.v.g.
dalla figura 4 si evidenzia che indipendentemente dalla fascia di età le donne che hanno abortito presentano un maggiore rischio di depressione e che tale rischio tende ad aumentare al diminuire dell’età 55.
L’i.v.g è correlato all’insorgenza di sintomi depressivi come umore triste, insonnia, difficoltà di concentrazione, disturbi sessuali e problemi relazionali con il partner, ideazione suicidaria, episodi di pianto improvviso ed incontrollato, perdita della stima di sé, perdita dell’appetito, perdita della motivazione 56. Dal 30 al 50% delle donne va incontro a problemi di natura sessuale, di breve o lunga durata, che iniziano subito dopo l’i.v.g. Essi comprendono: perdita del piacere nei rapporti sessuali, dolore, avversione verso il sesso o verso gli uomini in generale, o sviluppo di un comportamento sessualmente promiscuo 49.
La depressione può manifestarsi diversi mesi dopo l’evento, nell’anniversario della data dell’i.v.g o nell’anniversario dell’ipotetica data di nascita del bambino 57-58. Inoltre, donne che hanno interrotto volontariamente una precedente gravidanza possono continuare ad avere sentimenti di colpa o depressione legati all’aborto anche durante le successive gravidanze 59. Uno studio condotto su 254 donne gravide dal secondo trimestre di gravidanza fino a 12 mesi dopo il parto, di cui 28 in passato avevano già abortito, ha riscontrato che quelle che avevano abortito mostravano livelli significativi di depressione al terzo trimestre di gravidanza, ed al primo, al sesto ed al dodicesimo mese dopo il parto. Le donne che avevano abortito inoltre descrivevano se stesse come meno bene adattate durante il periodo prenatale ed avevano una più bassa stima di sè nel periodo dopo il parto, rispetto a quelle che non avevano una storia di aborto in anamnesi 60.
Rischio di Suicidio ed Aborto.
Gli studi svolti finora riguardo questo problema mostrano che la gravidanza è correlata con una fortissima diminuzione del rischio di suicidio. Ciò ha spinto gli studiosi ad ipotizzare che in qualche modo la gravidanza rivesta un ruolo protettivo da un punto di vista psicologico: la presenza di un essere umano “per il quale vivere”, infatti, sembra ridurre l’impulso suicida nelle donne psicologicamente disturbate o profondamente depresse 61. Sebbene la gravidanza diminuisca la percentuale di suicidi, al contrario l’aborto ne aumenta drammaticamente il rischio. Infatti, uno studio svolto nel 1986 dall’Università del Minnesota ha messo in evidenza che un’adolescente ha il 10% di probabilità in più di tentare il suicidio se ha abortito negli ultimi sei mesi, rispetto ad una coetanea che non ha abortito 62. Simili percentuali di rischio sono state riscontrate anche nelle donne di età più adulta. Qualche volta il tentato suicidio dopo l’aborto è un atto impulsivo di disperazione, mentre altre volte può nascere da anni di repressione, depressione e perdita della stima di sé. Uno studio del 1987 svolto su donne che soffrivano del trauma post-abortivo ha rilevato che il 60% di queste aveva pensato di suicidarsi, il 28% aveva tentato il suicidio, ed il 18% aveva tentato il suicidio più di una volta, spesso diversi anni dopo l’evento 63.
La figura 5 mostra i risultati di uno studio Finlandese svolto su tutte le donne in età fertile, divise per fasce d’età, che si sono suicidate dal 1987 al 1994. La ricerca ha messo in evidenza che, di tutti i suicidi commessi, il 5.4% sono associati alla gravidanza. Di questi il 5.9% è associato alla nascita del bambino, il 18.1% all’aborto spontaneo, mentre il 34.7% all’aborto volontario (Fig. 5) 64.
Questi dati dimostrano come l’aborto volontario aumenti il rischio di suicidio nelle donne, tuttavia non mostrano che tipo di relazione ci possa essere tra questi due eventi ma indica un’associazione significativa tra aborto e suicidio. L’aborto, alla luce di quanto esposto finora, può avere un impatto estremamente negativo sulla salute mentale, così ansia, depressione, disturbo post-traumatico da stress, dolore, sensi di colpa non fanno che aumentare il rischio di suicidio.
Abuso di Sostanze ed Aborto.
L’impatto negativo dell’i.v.g sulle dimensioni emotive della donna può indurre l’abuso di sostanze. I ricercatori che studiano l’abuso di sostanze hanno riscontrato che il sesso femminile rispetto a quello maschile tende ad utilizzare alcol e droghe in seguito ad eventi particolarmente stressanti o in riferimento ad eventi circoscritti 65.
Diverse ricerche hanno, infatti, messo in evidenza che una storia di i.v.g è associata ad un incremento del 6.1% dell’abuso di sostanze nelle donne 66, di cui l’89% inizia l’abuso entro tre anni dall’aborto 67.
Le sostanze utilizzate possono essere di vari tipi: sigarette, cocaina, marijuana ed altre droghe illegali 28. Il legame fra aborto e comportamento di abuso può essere di due tipi. In un caso le sostanze vengono utilizzate per alleviare lo stress 68: ciò significa che le donne che soffrono di disturbi psicologici sono più predisposte ad usare o abusare di droga o alcol per gestire l’ansia. Ricerche recenti, infatti, indicano che il Disturbo Post Traumatico da Stress generalmente precede l’inizio del Disturbo da Abuso di Sostanze 28.
Nell’altro caso l’uso di sostanze è successivamente messo in atto per tenere lontane dalla consapevolezza le emozioni negative che erano state represse al momento dell’aborto 28.
Conclusioni
Dall’analisi dei dati fin qui riportati emerge che la donna sin dal momento del concepimento di un figlio entra in uno stato di crisi, dovuto ad un profondo e strutturale cambiamento sia fisico che psicologico proprio della gravidanza, che la rende più fragile. L’attaccamento al feto, processo non consapevole, che inizia a svilupparsi subito dopo il concepimento, appare fra tutti quello più determinante nell’insorgenza di uno stato di crisi nel caso di una gravidanza non voluta. Tale condizione si unisce alla difficoltà della decisione di abortire e pone la donna in una situazione di estrema vulnerabilità, sia a pressioni interne che esterne, con una amplificazione degli indici di ansia, che la porta a vivere in maniera estremamente ambivalente e conflittuale la decisione da prendere. In questo contesto la decisione può non essere corrispondente ad una scelta consapevole. Infatti, sono stati osservati quattro stili decisionali disfunzionali riguardo l’i.v.g (l’approccio istintivo, l’approccio razionale-analitico, l’approccio basato sul rifiuto e sul temporeggiamento e l’approccio basato su nessuna presa di decisione). Questi quattro stili decisionali mettono in evidenza l’ambivalenza verso l’aborto e come l’interruzione di gravidanza potrebbe non nascere da una scelta consapevole, che rappresenti il reale desiderio della donna. L’ambivalenza risulta essere il più grave per l’insorgenza di disturbi psicologici dopo l’aborto procurato. Infatti, anche se subito dopo l’intervento si riducono i livelli di ansia, successivamente l’i.v.g può essere vissuto o come una grave perdita, o come l’uccisione volontaria del proprio bambino, o al contrario il vissuto affettivo doloroso viene allontanato dalla consapevolezza perchè troppo angosciante, per poi slatentizzarsi successivamente. In questo contesto l’aborto rappresenta uno stressor che non viene assimilato ed integrato all’interno della personalità, a causa dello stato di vulnerabilità in cui si trova la donna, e che quindi supera la soglia individuale di adattamento, favorendo la comparsa di una serie di disturbi mentali: ansia, disturbo post-traumatico da stress, depressione, comportamenti distruttivi come abuso di sostanze e suicidio.
Questo articolo si inserisce in un panorama scientifico in cui si evidenzia la carenza di dati nazionali in merito alla caratterizzazione psicopatologica e clinico-epidemiologica dei disturbi post-abortivi. Pur essendo ormai indiscussa, nella letteratura internazionale, la relazione tra i.v.g e disturbi mentali, è stato riscontrato che i fattori culturali rivestono un ruolo fondamentale nel modo in cui lo stress post-abortivo viene sperimentato, in quanto le manifestazioni comportamentali ed emotive tendono ad essere conformi ai valori sociali e culturali di appartenenza 54.
Questo studio vuole essere una descrizione dei disturbi mentali che possono insorgere dopo un’interruzione volontaria di gravidanza, tuttavia appare necessario approfondire e studiare le caratteristiche e l’incidenza di questo fenomeno anche nel nostro Paese69.
* Professore di Psicopatologia, Istituto di Psicologia, Università Gregoriana.
** Psicologa, ricercatrice, Istituto Italiano di Terapia Cognitivo-Interpersonale.